Philippe Tisseyre
Costa tirrenica e Stretto di Messina
Foto satellitare tratta da google
Il Rostro di Messina.
Il relitto di Acqualadroni C :
un rostro del III sec. a.C.
IL ROSTRO DI MESSINA. IL RELITTO DI ACQUALADRONI C : UN ROSTRO DEL III SEC . A.C .
D
el rostro di Acqualadroni (Messina), arma in
bronzo montata sulla prua della nave, emergeva solo la parte superiore da un banco di sabbia poco profondo, misto a roccia, su un fondale di 7
metri1. La zona era già conosciuta grazie alla scoperta
nel 1991 di un relitto (relitto A o relitto Freschi 2), decorato sulle fiancate da palmipedi in bronzo, probabilmente affondato dopo la battaglia del 3 settembre del 36
a.C., detta del Nauloco durante le lotte di potere del
secondo triumvirato tra Ottaviano e il suo generale
Agrippa contro Sesto Pompeo3. Le ricerche sistematiche
intraprese nel 1995-97 su questo sito depredato sono
riprese sin dal 2005, appena fu instituita la
Soprintendenza del Mare, fino alla localizzazione di un
altro sito: Acqualadroni B, con la scoperta di tracce di
piombo fuso, una grande ancora romana in ferro e una
macina di bordo identica a quelle ritrovate sul relitto A4.
Le ricerche erano ancora in corso quando avvenne la
scoperta fortuita del rostro, a 120 m. da questo sito. A
distanza di qualche mese, furono individuati i resti spiaggiati di un’altra nave, datata al 215 a.C., Acqualadroni D,
grazie ad un rinvenimento monetale5. Il rostro era orientato con il tridente verso Ovest, parallelamente alla
costa. È probabile che la nave a cui apparteneva il rostro
sia affondata poco lontano, tenuto conto del peso del
rostro e del contesto di giacenza al momento della scoperta. Le parti lignee, invece, sul basso fondale misto di
sabbia e roccia, esposte a violente mareggiate, non si
sono conservate, tranne quelle inserite nel rostro, mentre sono stati localizzati altri piccoli lingotti di piombo a
circa 15 m. a Nord del rostro. Sono stati anche recuperati un frammento di piombo di copertura di una nave,
un lingotto di piombo rettangolare anepigrafo (39 kg.) e
una punta di balestra in piombo.
Il rostro: i modelli rappresentativi
La nascita del rostro del tipo a tridente è attestata sin dal
VIII sec. a.C.6, attraverso le rappresentazioni monetali o le
ceramiche raffiguranti navi da guerra. A partire dal V sec.
a.C. il rostro, divenuto l’arma da guerra di tutte le flotte del
Mediterraneo, è sempre più raffigurato da solo, caricandosi di valori simbolici. Il numero di rostri ritrovati in mare e
nei musei7 non costituisce ancora una serie abbastanza
ampia per poterne determinare con esattezza tipologie e
zone di produzione, ma delle differenze emergono se rapportate alle grandi aree del Mediterraneo: il mondo delle
flotte puniche con gli antecedenti orientali, il modello classico delle trireme greche, le rappresentazioni delle flotte
ellenistiche, e infine il modello etrusco-romano. La lista delle
raffigurazioni di rostri nell’antichità è da estendere inoltre ai
grandi monumenti commemorativi del Foro Romano, di
Ostia, di Cirene, di Nikopolis, di Tindari, ma anche in ville,
come a Segesta8. A Nikopolis, il monumento, voluto da
Ottaviano in occasione della vittoria di Azio, fu eretto con
i rostri recuperati dalle navi di Antonio e Cleopatra nel 31
a.C.; in esso si possono osservare gli incastri per i grandi
rostri sottratti alle navi nemiche. La ricostruzione proposta
da W. M. Murray per Nikopolis ha messo in evidenza le differenze di dimensioni tra il rostro recuperato a Athlit
(Israele), di 2,26 m. di lunghezza, e gli incastri del monumento, concepiti per ricevere rostri almeno due volte più grandi. Benché la scelta di inserire i rostri in questo monumento fosse dettata da una precisa volontà politica, impressionare il nemico, tali differenze possono essere considerate
rivelatrici sia del tipo di navi impiegate nella battaglia, sia dell’evoluzione verso il gigantismo di quest’arma, nelle flotte
tolemaiche del primo secolo a.C.
Sulla base di questi studi, possiamo determinare che il
rostro di Acqualadroni, di dimensioni più ridotte, non
37
38
Fig. 1 - Tenone di fissazione
Fig. 2 - Perni
apparteneva alla categoria delle navi dette « 4-5-6 » ma
ad una nave più piccola, di circa 20-25 metri di lunghezza, forse una “3”, se rimane valida la categoria 4 per il
bronzo di Athlit9.
massiccio all’altezza dei throught ear, elementi di cui sono
totalmente sprovvisti i rostri trapanesi, in cui le ailerons si
prolungano con sporgenze fino alla parte posteriore.
Ancora più evidente la differenza con i rostri egadiani, che
si chiudono con sporgenze a forma di barbigli di freccia;
La parte lanceolata laterale del tridente, di conseguenza, è proporzionalmente più breve;
La parte superiore della corazza frontale è nettamente rastremata e sembra sproporzionata per sostenere il
peso rostrale, mentre per i rostri delle Egadi questa parte
è di solito allungata (e di fatto decorata), raddrizzata e
dritta nella linea posteriore;
Per controbilanciare i pesi, l’empennage, ovvero la parte
inferiore del rostro messinese, anche se lacunosa di alcuni
centimetri, è nettamente più lunga e sfilata, sottolineata da
una doppia riga esterna per l’innesto con la parte inferiore
della chiglia, a favore della sua idrodinamicità10.
L’attacco superiore della corazza è collocato in una
posizione avanzata in confronto al rostro di Athlit o delle
Egadi, spostando le masse di conseguenza nell’asse di
partenza dei montanti del tridente.
In confronto al rostro di Athlit, lo sperone di Messina
è più leggero (250 / 300 kg. circa contro 465 kg.), ma la
disposizione di fissaggio dei rivetti alla carena è identica
(sei chiodi esterni, due rivetti interni, due fori alla base vedi fig.3) come la sua geometria generale e le sue
dimensioni (cm. 160 lungh. x 59 largh. al massimo). Le
analisi ancora in corso, potranno anche stabilire se, come
Descrizione del Rostro e esame autoptico
Il rostro, in ottimo stato di conservazione, tranne alcune
concrezioni nella parte superiore, misura circa 1,62 m. di
lunghezza, forse 1,80 in origine, essendo lacunosa solo una
parte terminale della carena inferiore (fig.3). In quella anteriore destra, l’esame autoptico ha permesso di osservare
una deformazione della lama superiore, probabilmente
dovuta ad un urto frontale che ha provocato una piegatura
del fendente verso l’alto, mentre sono visibili alcune riparazioni sulla parte laminare anteriore, probabilmente effettuate contestualmente alla fusione, realizzata con la tecnica
della cera persa. Come per tutti i rostri, si osserva una leggera asimmetria frontale dei fendenti. Lo spessore medio
del bronzo, quasi 2 cm., e il peso totale di 250/300 kg. circa,
ne fanno un’arma che non può essere considerata una semplice decorazione di prora.
Si notano molte differenze geometriche con i rostri
delle Egadi:
la parte superiore compie un arco molto più pronunciato; è meno elevata, se si osservano le proporzioni geometriche d’insieme.
Anche se frontalmente il disegno trifide è identico, le
lame (ailerons) si congiungono verticalmente in un blocco
IL ROSTRO DI MESSINA. IL RELITTO DI ACQUALADRONI C : UN ROSTRO DEL III SEC . A.C .
per i rostri trapanesi, un’ulteriore inchiodatura si trova
sotto l’empennage.
Le linee del rostro di Messina sono meno tese, e le
lame leggermente lanceolate, come i fendenti dei rostri
trapanesi, databili al 241 a.C. La forma lanceolata dei tridenti si ritrova dunque su tutti i rostri ritrovati in Sicilia,
anche se ognuno rappresenta finora un unicum a sé. I rostri
delle Egadi non possiedono, a differenza dei rostri di
Messina e di Athlit, questa geometria laterale di copertura
dei fianchi posteriori ad orecchio (detta Trought ear), sicuramente necessaria per la tenuta dell’arma per le navi di
maggiore stazza di epoca Lagide/Tolemaica. Il rostro messinese è solidamente rivettato ai rinforzi di prora, ma possiede anche, a differenza del rostro di Athlit, un sistema
complesso di camicia interna, fissata intorno al legno, probabilmente con l’aiuto di sostanze collanti, forse resine di
pino11. Si tratta senza dubbio di un importante indice sulla
tecnica di fusione indiretta secondo le modalità descritte
da Oron12, che cita a refractory clay mixure per il fissaggio e
la colatura del rostro sulle parte lignee. Il legno, con legatura a tenone e mortase (Pinus Nigra o Pinus laricio,
Quercus ilex per i tenoni - fig.1)13, con un sistema di aggancio ancora in corso di studio, è stato inoltre rivettato prima
di essere inserito nella parte cava del bronzo.
La campionatura ristretta dei rostri che hanno conservato il legno (aspettando le analisi per i rostri trapanesi)
non permette di determinare se le Trought ear sono un
elemento di differenziazione cronologica, ma possiamo
ipotizzare si tratti di una evoluzione tecnica per il fissaggio
dell’arma alla struttura. Nessuno dei rostri delle Egadi possiede questo disegno terminale posteriore dei tridenti: la
tavola comparativa dei rostri finora ritrovati (vedi tavole a
fine testo) permette di osservare come il rostro messinese sembra una tipologia intermedia tra i rostri delle Egadi
e il rostro di Athlit.
Si può anche escludere
che il rostro di Messina sia
un semplice elemento in
bronzo aggiunto ad una
nave commerciale in caso di
emergenza. Il dispositivo
di aggancio alla linea di chiglia è riconducibile piuttosto ad
una nave da guerra concepita e armata specificamente
con questo rostro, proiettato per diminuire gli sforzi di
compressione e di torsione all’urto contro le navi nemiche. Abbiamo visto che la geometria della parte superiore è comparativamente meno alta dei rostri delle Egadi.
A differenza di questi, non è la parte fissata alla stolos14 a
sopportare il peso del rostro, che appare equilibrato per
essere retto dal prolungamento della chiglia e dai rinforzi laterali sui fianchi, probabilmente a loro volta ricoperti
di piombo. Lo si percepisce dalla linea inferiore, spostata
indietro in confronto all’asse dei rostri trapanesi: i rostri
di Athlit e di Messina vanno a cercare i punti di fissaggio
molto all’indietro sulla linea di chiglia.
Questa ultima caratteristica implica anche una posizione
dell’arma, quasi a pelo d’acqua, più bassa rispetto ad altri rostri
(Egadi), ma meno slanciata del rostro di Athlit, e determina in
ogni caso un’architettura diversa della prora delle navi15.
Sarebbe in effetti opportuno poter anche calcolare l’arco di
fissaggio di ogni rostro al dritto di prora, come fu azzardato da
Basch per il rostro di Belgammel16, al fine di determinare tale
angolo per ogni nave armata, ancora prima di interessarsi all’altezza delle linee di galleggiamento. È
totalmente da escludere un sistema di sgancio del rostro dopo
l’urto, anche per via dei 6 grossi chiodi superiori direttamente fissati alla stolos (lunghi 7 cm. cad.), e dei
perni passanti (lungh.
46 cm. circa,
d i a m . 3
cm.) 17
39
PHILIPPE TISSEYRE
1,70 mt.
0,84 mt.
0,22 mt.
0,22 mt.
0,27 mt.
0,59 mt.
0,09 mt.
40
Fig. 3 - Rilievo grafico di massima
nella parte inferiore (fig.2). I due perni di giuntura del rostro
al legno si ritrovano anche sul monumento ellenistico di
Cirene, disposti in avanti rispetto al rostro di Messina, quasi alla
partenza del montante del tridente, davanti ad una xiphos stilizzata, mentre per il rostro di Messina sono in corrispondenza dell’immanicatura della spada.
Le decorazioni
A differenza dei rostri rinvenuti nelle Egadi o ad Athlit,
decorati da astragali, dee alate, elmi piumati o elementi
floreali, gli unici elementi decorativi del rostro messinese
sono le sue spade (fig.4), appartenenti a due tipologie
diverse, poste sui fianchi del fendente del rostro18.
La parte laterale dei fendenti laminari orizzontali sui due
lati, il superiore e l’inferiore, sono decorati da un’arma
genericamente chiamata kopis o machaira, a lama curva
con un solo fendente, che trova la sua origine all’età del
bronzo ed è stata classificata pre-celtica (la falcata iberica),
italo-etruca, o indo-orientale. La lunghezza dei machaira del
rostro è di 86 cm., tra cui 73 cm. di lama, in corrispondenza alla maggiore lunghezza dei fendenti superiori ed inferiori del rostro, con una larghezza di 7,5 cm. Il pomello delle
spade è decorato con una testa di aquila o di grifone (fig.5),
decorazione classica delle falcate iberiche, mentre la guardia si richiude a U sul pomo. Colpisce la somiglianza tra
queste teste di aquila con quelle del rostro di Athlit
(Israele), che furono all’origine della sua datazione, confrontabili a propria volta a delle rappresentazioni monetali tole-
IL ROSTRO DI MESSINA. IL RELITTO DI ACQUALADRONI C : UN ROSTRO DEL III SEC . A.C .
maiche del III-II sec. a.C., emblema delle divinità delle città
cipriote, armatrici delle navi da guerra. Nel caso del rostro
di Messina, tuttavia, le teste di aquila, definite con raffinatezza, sono parte integrante delle decorazioni dei Kopis, la cui
evoluzione è stata studiata da F. Q. Sanz19. Il confronto diretto è possibile con i tipi P e Q della sua classificazione, per i
modelli ritrovati in Spagna, datati al V-IV sec. a.C. La rappresentazione è precisa e si ha la netta sensazione di trovarsi
davanti ad un’arma reale. Il kopis è molto frequente nelle
armate greche ed ellenistiche sin dal V secolo a.C., fino al III
sec a.C., quando scompare dalle rappresentazioni20 ma non
di certo nell’uso, poiché fu adottato anche dall’esercito
repubblicano romano21, dopo le vittorie di Scipione in
Africa punica, grazie alla manodopera celtiberica alleata.
Ritroviamo queste spade stilizzate su una raffigurazione
della battaglia di Azio (31 a.C.), in un contesto tuttavia di
rappresentazione simbolica del barbaro, sull’arco di trionfo
di Orange (27 a.C.), o ad Ostia, dove lo scultore riproduce anche la testa di aquila del kopis mentre la spada centrale possiede le caratteristiche del gladio tipo Mainz con
elsa troncoconica anche lì stilizzata. È evidente che scultori
e artisti hanno avuto davanti ai propri
occhi modelli reali, probabilmente
tolemaici, forse rostri catturati ed
esposti, sin dal III sec. a.C.
Un altro tipo di spada è raffigurato sui lati del fendente centrale. La
forma della lama potrebbe fare pensare ad un Xiphos del V sec. a.C., l’arma di pugno caratteristica dell’oplite
greco, o ad un gladium hispaniensis,
spada dalla lama lanceolata a forma
di foglia d’ulivo, adottata dagli eserciti
romani dopo la seconda guerra punica fino al II sec. a.C. Le spade tipo
xiphos (una per lato) misurano 88
cm. di lunghezza con 71 cm. di lama.
Si differenziano però dal gladio
hispanensis dalla presenza di un’elsa
orizzontale. Sullo Xiphos del rostro,
l’elsa è a doppio arco rivolta verso il
pomello, ed è dentellata nella sua
Fig. 4 - Xiphos e kopis
parte rivolta alla lama, a forma di Snodgrass 1995
22
corne di ariete (fig.6); il pomello
superiore è decorato da una doppia appendice conica, in
rilievo. L’impugnatura del pomo è ergonomica, con un leggero rinforzo centrale; la lama lanceolata è decorata sotto
l’elsa da un triangolo in leggero rilievo, mentre le curve
della lama centrale seguono quelle del rostro; la fascia centrale è sottolineata da due nervature solcate fin alla punta.
Fig. 5 (a sinistra) - Teste di aquila del kopis
Fig. 6 (in basso) - Elsa dello xiphos con decorazione zoomorfa
41
PHILIPPE TISSEYRE
42
Il disegno della lama e delle nervature ricorda l’antico lavodelle dinastie tolemaiche Epifanio V e Epifanio VI, tra il
ro delle spade ad antenne in bronzo, in particolar modo il
222 e il 180 a.C. Prendendo in considerazione la validità
triangolo sotto l’elsa, che non si ritrova nei Xiphoi del IV-V
primaria dell’analisi al C14 calibrata, il periodo di fabbrisec. a.C. L’unica arma paragonabile su un rostro rimane
cazione e di uso del rostro di Athlit sarebbe dunque da
dunque la spada raffigurata sul rostro di Athlit, che possiesituare nell’ultimo quarto del III a.C., piuttosto che nel II
de però un pomello e una impugnatura sovradimensionaa.C.25 Tale recente disamina sulla datazione del bronzo di
Athlit, ellenistico orientale, ma della fine III sec., permette
ti, con un’elsa ripiegata verso l’alto, a virgola, ma stilizzata e
un’ulteriore comparazione tecnica.
appena abbozzata, che si ritrova anche sul rostro esposto
al Museo del Pireo, sui rostri lapidei di Aquileia, di Rodhes,
Analisi chimiche comparative e datazione del
di Pergamon, o di Cirene. Quest’arma evolverà verso il glaRostro di Messina
dio tipo Mainz diverso dal gladio romano classico a lama
Se il numero dei rostri permette di cominciare ad
dritta, detto tipo Pompei, con il pomo decorato da un botintravedere evoluzioni nella tipologia dei rostri a tridentone23. Sul rostro di Messina, al contrario, la forma dei fendenti segue linee curve come quelle dei rostri trapanesi,
te, queste tipologie sono da rinforzare con analisi strudatabili al 241 a.C., o, se vogliamo ribaltare questa considementali. La caratterizzazione chimica dei metalli si è svolrazione, è possibile che il disegno stesso dei fendenti del
ta presso l’Università di Palermo (Centro Grandi
rostro sia in conformità alle spade allora in produzione.
Apparechiature - UninetLab), in collaborazione con le
Come nel rostro di Athlit, al di sotto delle linee delle
unità di ricerca dell’Università di Stanford (CA),
else, su ogni lato, è incisa nel bronzo una sottile linea, che
dell’Università della Tuscia, con analisi di assorbimento dei
ricrea il disegno stilizzato di un tridente, un’allusione
raggi X sulla soglia dello zolfo dei prodotti zolforati prediretta al dio del mare, Poseidon, o anche a Zeus o
senti in campioni di legno, dopo l’analisi al C1426
(Università di Firenze-INFN), per un totale di 17 campioAthena Nike, spesso rappresentati simbolicamente, seduni. Il legno è stato datato tra il 360 e il 190 a.C.27, conferti a prua dei rostri in epoca greca24.
Ammettendo che le spade tipo
xiphoi et kopis siano la riproduzione
quasi identica di armi ellenistiche in
uso, la datazione al I sec. a.C., divulgata nella fretta dei primi momenti della
scoperta, deve essere ricondotta,
soprattutto per la presenza del kopis,
e rialzata almeno al III secolo a.C. Ad
avvalorare questa teoria, concorrono
la somiglianza geometrica con il
rostro orientale di Athlit, la cui datazione è tutt’oggi soggetta a controversie: l’analisi al C14 l’avrebbe fissata
al 400 +/- 130 a.C. (cioè 530/270
a.C.), mentre la decorazione in bronzo e più particolarmente le teste di
aquila, probabilmente una decora- Tav.1 - Per la calibrazione è stato utilizzato OxCal, versione 4: i campioni Roma1 e Roma2 sono stati trattati utilizzione applicata in seguito, avrebbero zando il modello D_Sequence (--> wiggle-matching), impostando una differenza di 20 anelli (anni) fra di loro.
permesso una datazione all’epoca (da Romagnoli 2011 - Frank 2012).
IL ROSTRO DI MESSINA. IL RELITTO DI ACQUALADRONI C : UN ROSTRO DEL III SEC . A.C .
Tav. 2 - (da Caruso 2012).
mando cioè l’impossibilità dell’appartenenza del rostro
alla battaglia del Nauloco tra Agrippa e Sesto Pompeo28
(tavola 1).
Le tecniche utilizzate per l’analisi del metallo e del
legno residuo sono state le seguenti: XRD, EDX, ICPOES, FT-IR, GC-Ms, CP-MAS NMR. L’analisi degli isotopi
è stata messa a punto tramite ICP-MS.
Queste analisi e lo studio degli isotopi, questa volta
del piombo (tavola 2), hanno fatto apparire grandi differenze tra il rostro di Athlit e il rostro di Messina, il cui
piombo potrebbe provenire da ateliers ciprioti, ma con una caratterizzazione anche vicina ad alcuni piombi
spagnoli, mentre la fabbricazione è di
per sé molto più robusta con un alto
tenore in piombo (tavola 2). Rimane
intatto il quesito sulla provenienza
del piombo usato per i bronzi rostrali, anche nel quadro di una rifusione
di metalli per armare le flotte.
Il riuso può avere due interpretazioni: il riuso/recupero dei rostri avversari, o anche il rifondere materiale di
diverse origini per ottenere rostri. In
questo ultimo caso, abbiamo visto che
lo studio fa apparire nuove problematiche sull’origine stessa dei materiali29.
Secondo le fonti, la flotta romana non
era estranea a questi riusi, dettati ad
avviso degli storici romani, dalla necessità di creare flotte ex-nihilo per i bisogni del momento: basti pensare alla
guerra di Alessandria, nel 70 a.C.,
durante la quale Vatinius, generale di
Cesare, armò alcune navi di commercio con degli speroni30. Basch aveva
ipotizzato che si trattasse di speroni la
cui conformazione sposava la stolos
delle navi di commercio, speroni corti
e massicci o vicini all’esemplare del
Museo di Belgammel. In questo ultimo
caso pero, è probabile che si trattasse
di un proembolion (proembÎlion) laterale, che aveva come
scopo quello di distruggere i remi avversari. Nella tabella
allegata, si presentano l’insieme dei rostri finora scoperti: è
legittimo chiedersi se nel caso in cui i rostri abbiano un
peso inferiore a 60 kg. non si tratti per lo più di proembÎlion, come appare evidente sul trofeo navale di
Cirene31 (fig.7), dove il proembÎlion è costituito da un
rostro a tridente di dimensioni ridotte.
Il ritrovamento delle iscrizioni dei Seviri e dei Questori
su uno dei rostri delle Egadi conferma ancora una volta
43
sapere-fare riportato dalle fonti, verrà senza dubbio trasmesso alle flotte romane, al di là della volontà degli storici romani di glorificare la capacità d’adattabilità dei vincitori33.
44
Fig. 7 - Rostro marmoreo dell’Agorà di Cirene
la capacità romana nell’organizzazione della propria flotta, già ben preparata nel 263, a discapito del racconto
degli storici, e rinforzata dal recupero delle flotte degli
alleati italici, eredi delle flotte etrusche ed ellenistiche32.
Secondo L. Basch tuttavia, il riuso totale era del tutto
estraneo alla mentalità greca poiché i tolemaici, costruendo navi da guerra, con una geometria e un complesso
sistema di fissaggio del tutto inamovibile del rostro alla
chiglia, armavano flotte da guerra non di certo improvvisate.Tale modello organizzativo, e anche probabilmente il
Conclusioni
Le spade, unico elemento di datazione percepibile sul
rostro di Messina, appartengono, come abbiamo visto, a
delle tipologie di armi ancora in uso nel IV-III sec. a.C, sia ad
occidente che ad oriente del Mediterraneo, mentre il valore simbolico di queste armi ha potuto (senza dubbio) superare la data di uso reale. Ma se per il rostro di Athlit, le raffigurazioni di armi sono caricaturali, la precisione del disegno
e la qualità della riproduzione delle armi del rostro di
Messina attestano la riproduzione fedele di modelli reali. La
qualità del disegno non è inferiore alla grande produzione
statuaria del periodo etrusco-romano, o ellenistica: il rostro
di Messina, le cui decorazioni sono chiaramente di origini
ellenistiche32, apparterebbe ad una classica trireme, impegnata per operazioni nello stretto di Messina, forse, come
per i rostri delle Egadi, nelle vicende delle guerre puniche tra
il 264 e il 202 a.C.33 La presenza di una nave da guerra nelle
acque messinesi non è anomala: nel 260, dopo la sconfitta a
Lipari34, la flotta romana si trovava presso il Capo Peloro e
mise in fuga cinquanta navi di Annibale che, venuto ad osservare le mosse del nemico, perse di fatto alcuni navigli. Era il
preludio al 10 marzo 260 a.C., quando, presso Milazzo, si
svolse lo scontro tra Cartaginesi e Romani, conclusosi con
la prima vittoria navale romana sulla flotta punica. Si può ipoteticamente supporre che in seguito ad una di queste battaglie, ivi compresa quella successiva di Tindarys nel 257, una
nave sia andata alla deriva fino ai banchi di sabbia di
Acqualadroni, o abbia cercato rifugio a ridosso di Capo
Rasolcomo, a meno di mezz’ora di navigazione, in direzione
di Messina, laddove la costa si protendeva molto di più
verso il largo, rispetto alla linea attuale. Neppure possiamo
scartare l’ipotesi, in queste acque pericolose per la navigazione, di un evento accidentale. Nulla, allo stato, si può dire
sulla sua bandiera 35: l’unica sicurezza relativa riguarda il
modello, senza dubbio di matrice ellenistica, sia per il metallo impiegato, sia per le decorazioni.
IL ROSTRO DI MESSINA. IL RELITTO DI ACQUALADRONI C : UN ROSTRO DEL III SEC . A.C .
Note
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23
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Segnalazione A. Moscato-G. Lopez. Tuttavia è possibile che il
rostro sia stato decontestualizzato e trasportato in acque basse,
in seguito ad un tentativo di trafugamento da parte di ignoti.
Informazione di Salvino Antioco.
Bacci 2001, pp. 273-85
La ricerca topografica non è il proposito di questo articolo, e le
incertezze sulla localizzazione del sito della battaglia del Nauloco
rimangono. Il Naulochios era probabilmente una zona, genericamente dedicata all’approdo, all’entrata dello stretto di Messina in
modo da permettere alle flotte ivi stanziate interventi rapidi,
senza pericolo di rimanere intrappolate nel porto della città
mamertina. Ad ovest del Capo Rasocolmo può essere riconosciuta una vasta area, ricca in sorgenti d’acqua dolce, tra le quali i torrenti dell’attuale Acqua dei Corsari o Acqualadroni.
Segnalazione Dott. G. Donato.
Proprio con monete rostrali, databile al 215-214 a.C. Dati cortesemente comunicati dalla Prof.ssa E. Calatabiano, dipartimento
Scienze dell’antichità, Università di Catania.
Basch, 1987, figg. 403-408.
Vedi tabelle in fondo al testo
Prag 2006.
Osservazione confermata da Murray 2012, p. 57.
Basch, 1992, p. 47.
Caruso et alii, 2011.
Oron 2001, p. 90.
Analisi della Prof.ssa M. Romagnoli, Università della Tuscia, 2009,
parzialmente pubblicate in Tusa 2011.
Termine utilizzato per comodità, in quanto le problematiche sulla
disposizione della stolos - e anche l’uso del termine nel testi antichi - sono soggetti a controversie. Cfr. Bonino 2011.
Oron 2001 e Tusa 2011.
Posizione criticata in Pridemore 1996.
La lunghezza dei chiodi fissati alla stolos esclude ogni funzione
decorativa. La lunghezza dei perni è quella residua, in quanto il
perno se fosse integro dovrebbe misurare circa 55 cm., se composto da un pezzo unico. La presenza del legno impedisce di
sapere se si tratta di due perni passanti da parte a parte o di
quattro mezzi perni.
Tuttavia il restauro potrebbe fare apparire, sotto le incrostazioni
marine, nuove decorazioni, come nel caso dei rostri delle Egadi.
Sanz 1997.
Snodgrass 1995, pp. 130-131.
Fariselli 2002, pp. 227-232.
Riprendendo la simbologia legata all’ariete nel mondo ellenistico.
Le spade, in quanto decorazione, per tutto il periodo repubblicano romano, erano anche sottoposte ad una gerarchia di valori.
Non sono quasi mai raffigurate da sole ma spesso insieme al resto
dei trofei (come su l’arco d’Orange) o come armamento a fianco
dei soldati, mentre scudi o elmi hanno la precedenza.
Il tridente diventò l’arma simbolica scelta della gens Sestii come
stemma dopo le vittorie di Pompeo il Grande contro le piraterie
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illiriche. Le Nike, nei casi dei rostri delle Egadi, sono forgiate direttamente sui rostri.
Come già sottolineato da Casson stesso in nota, Pridemore 1996,
Oron 2001.
Abbinata al sistema wiggle matching (Università di Firenze, Prof.
P.-A. Mandò) per la calibrazione.
Frank 2012: “The rostrum wood yielded a 14C date of 277 ± 83
B.C.E., consistent with the earliest naval engagements of the First
Punic War.The ship may have been damaged during the Battle of
Tyndaris (257 B.C.E.) or of Mylae (260 B.C.E.) justnorth of Sicily
and may have sunk while trying to reach the Roman base at
Massana (modern Messina)”.
La datazione proposta da Buccellato 2013, in via preliminare, risulta errata, in quanto l’autore stesso evidenzia l’alto grado di inquinamento metallifero del campione usato per la datazione.
Caruso et alii, 2011. Le analisi di un piccolo rostro delle Egadi
riportano lo stesso tipo di risultati (ma più vicini alla caratterizzazione degli isotopi spagnoli, cfr. infra Tav. 2) per una nave apparentemente affondata durante la battaglia delle Egadi nel 241; si tratta dunque, con molta probabilità, di un rostro punico, sapendo
che la conquista romana della Spagna – e delle sue miniere comincia nel 218 a.C.
Basch 1987.
Reddé 1993, p. 77.
Reddé 1986.
Gnoli 2011.
Tisseyre 2009.
Di Nuccio 2009.
Tisseyre 2009: Bisogna aggiungere a questo tassello storico il
rinvenimento recente delle strutture del por to antico di
Lipari, spesso citato come riparo per le flotte da guerra per
tutto il periodo delle guerre puniche, e da dove forse par tì (o
era diretta) la nostra sfor tunata nave. Cfr. Polibio, Storie, I, 21
citato da A. Pagliara, in Melingunis Lipara 1995, vol.VIII par te 2,
pp. 95-96.
Gnoli 2012, p. 67, “In realtà la flotta che sfidò i Cartaginesi a
Milazzo e che diede per la prima volta a Roma la supremazia sui
mari siciliani, dovette essere costituita da navi costruite secondo
modelli greco-ellenistici, non punici. Si trattava, cioè, di imbarcazioni la cui paternità è difficile da stabilire (greco-italiote? Romanocampane?), ma certamente non cartaginesi. La notizia (la creazione di navi sul modello punico n.a.), inventata da Polibio a maggior
gloria di Roma, è falsa.” La situazione cambia durante lo scontro
del 241 a Trapani, dove i rostri punici e romani appaiano quasi
identici. Rimane tuttavia il dubbio che il rostro decorato da una
bellicosa iscrizione punica (“possa Baal distruggere il nemico”) sia
un “riuso” rimandando al mittente. Potrebbe in tal caso presentarsi la situazione inversa, cioè la cattura di un rostro romano riadattato su una nave punica.
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